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I viaggi nel tempo nelle storie Disney di Pezzin
Dario Ambrosini e Marco Barlotti
(Estratto dal libro "Giorgio Pezzin" edito dal Papersera)


Professor Jones had been working on time theory for many years. “And I have found the key equation,” he told his daughter one day. “Time is a field. This machine I have made can manipulate, even reverse, that field.” Pushing a button as he spoke, he said, “This should make time run backward backward run time make should this”, said he, spoke he as button a pushing. “Field that, reverse even, manipulate can made have I machine this. Field a is time.” Day one daughter his told he, “Equation key the found have I and.” Years many for theory time on working been had Jones Professor.

Fredric Brown, “The End”

 

 

Viaggiare nel tempo

“Non si possono cambiare le leggi della fisica!”. Questa frase, ripetuta spesso dal Signor Scott al Capitano Kirk, è una delle più significative (anche se meno famosa di “Lunga vita e prosperità” o di “Beam me up, Scotty”) della saga televisiva di Star Trek.

La fortunatissima saga, col suo carattere transgenerazionale accentuato dalle ripetute repliche, è responsabile della diffusione verso il grande pubblico di molti temi classici della fantascienza. Tra questi, il viaggio nel tempo fa una parte quasi da leone, con i suoi oltre 22 episodi solo nelle prime due serie, a cominciare dal classico Tomorrow is Yesterday del 1967.

Tuttavia questo articolo non è dedicato a Star Trek. Quello che qui si vuole illustrare è il peso che i viaggi nel tempo rivestono in un contesto apparentemente assai distante dalle suggestioni della Science Fiction: l’universo disneyano di Giorgio Pezzin.

Apparentemente è proprio la parola giusta, perchè il veneziano Giorgio Pezzin, ingegnere per formazione e sceneggiatore per vocazione, è sempre stato sensibile ai temi della scienza e della fantascienza, a volte anticipando certi sviluppi futuri, come l’esplosione di internet, le chat line ed il telelavoro (I TL 1438-A “Zio Paperone e la rivoluzione elettronica”, 1983).

A Pezzin, una delle colonne portanti del Topolino degli ultimi 35 anni, autore di molte centinaia di storie (Disney e non) ed inventore di serie e situazioni celebri, la capacità visionaria certo non manca, unita ad una concretezza (questa sì da ingegnere) che gli fa amare le cose costruite con le sue mani. Alla base di tutto c’è una curiosità inestinguibile, che raccoglie e tramuta in idee tutto quello che incontra; ci sono poi, naturalmente, una creatività ed una felicità di invenzione rare. Sospettiamo fortemente che il buon Pezzin si sia davvero divertito molto nel proporci le sue avventure scatenate, estremamente dinamiche e talvolta irridenti: avventure che, più di una volta, hanno dato il via a nuovi modi di concepire e realizzare le storie a fumetti, anche grazie ai grandissimi disegnatori, Cavazzano e De Vita su tutti, con cui ha interagito strettamente per molti anni.

 

Viaggi nel tempo disneyani
Il viaggio nel tempo è uno dei grandi temi della letteratura. I viaggi, generalmente, avvenivano per motivi inspiegabili o soprannaturali. Ebenezer Scrooge nel celeberrimo A Christmas Carol di Dickens (1843), viaggiava nel passato e nel futuro grazie ai fantasmi che gli facevano visita, nella notte di Natale, con l’evidente scopo di fargli cambiare vita. Il suo era però un viaggio da osservatore: poteva assistere agli eventi passati e futuri ma non interagire con essi. Il mago Merlino del romanzo The Once and Future King (1958) di T.H. White, da cui Disney avrebbe poi tratto il suo lungometraggio The sword in the stone (1963), viaggiava nel tempo grazie alla magia e poteva interagire con il futuro, riportandone oggetti.

La transizione del tema dei viaggi nel tempo dalla letteratura in generale alla fantascienza è generalmente associata al passaggio dal viaggio “misterioso” ad uno legato a qualche marchingegno tecnologico. Ciò avviene a partire dal celebre romanzo di H.G. Wells The Time Machine (1895).

Un percorso tutto sommato analogo si può tracciare per le avventure spazio-temporali disneyane. Il Mickey Mouse di Gottfredson sperimenta diverse escursioni temporali (YM 06, “Topolino nell’isola della morte”, 1944; YM 064, “Topolino e le meraviglie del domani”, 1944) ma il viaggio avviene di solito in circostanze non chiare o addirittura ambigue (il viaggio è avvenuto davvero?).

Al duo Walsh – Gottfredson si deve la grandissima invenzione di Eega Beeva (Eta Beta), personaggio poetico e profetico insieme, addirittura straniante nella sua prima incarnazione (quella appunto delle daily strips tra il 1947 e il 1950). Eta Beta è un viaggiatore dal futuro che ritornerà nel suo tempo nello stesso modo misterioso in cui era arrivato: comparendo (e scomparendo) in una profonda caverna.

Nell’ultima avventura temporale del duo Walsh – Gottfredson (YM 127, “Topolino e la macchina Toc-Toc”, 1951) troviamo finalmente un abbozzo di time machine: quella dello strampalato inventore Sfrizzo. La transizione alla tecnologia è comunque solo parziale: la “macchina”, una specie di metronomo, funziona in modo approssimativo e il plot è più che altro un espediente per trasportare Topolino in ambienti diversi dal suo.

 

Nelle successive storie disneyane i due approcci continuano a essere presenti abbastanza indifferentemente: si viaggia nel tempo grazie ad una nutrita serie di fantasiosi (quanto casuali) cronovettori, soprattutto nelle storie sceneggiate da Guido Martina che li localizza di preferenza nella soffitta di Pippo, e si viaggia nel tempo grazie a sofisticati quanto improbabili marchingegni, generalmente inventati da Archimede.

Dal 1985, però, le storie Disney italiane con viaggi nel tempo sono quasi tutte organizzate all’interno di uno scenario abbastanza coerente, che vede Giorgio Pezzin fra i suoi ideatori.

Il ciclo italiano della “macchina del tempo”
Gli sceneggiatori sono continuamente alla ricerca di nuovi spunti. Specialmente quando si tratta di gestire personaggi già ampiamente caratterizzati come i principali eroi Disney, è necessario metterli a confronto con ambienti sempre diversi: e come far ciò, per chi scrive storie è un assillo costante. Partendo da questa ovvia constatazione, nella prima metà degli anni ’80 Pezzin ebbe l’idea di una “macchina del tempo” che consentisse a Topolino e Pippo di vivere avventure nelle epoche storiche e negli ambienti più disparati.

Idea in sé niente affatto originale, come abbiamo visto; ma, a differenza dei casi precedenti, Pezzin intendeva rendere la “macchina” parte integrante della storia: mostrandone l’aspetto fisico e certi dettagli del funzionamento, e inserendo esplicitamente il problema di “come tornare indietro” fra gli elementi di suspense delle storie narrate. Così bisognava che i cronoviaggiatori si trovassero in certi luoghi (e non altri) in predeterminati e inderogabili intervalli di tempo; elemento di rischio che nelle prime avventure venne abilmente sfruttato, finché agli sceneggiatori sembrò un inutile appesantimento e fu deciso di introdurre un opportuno “nuovo modello” della macchina per eliminarlo. Ma stiamo correndo troppo avanti: torniamo ai primi anni ’80.

Pezzin espose la sua idea a Franco Fossati, all’epoca responsabile dei soggetti e delle sceneggiature per Topolino e per l’Almanacco, e ne ricevette l’incoraggiamento a definire il progetto nei dettagli. Quando i due si rividero per riparlarne, Fossati lo rimproverò affettuosamente: “Ne hai lasciata passare di acqua sotto i ponti, caro mio: così ora c’è un altro che ha avuto la tua stessa idea; adesso che cosa facciamo?”

L’altro era Bruno Concina. Collaboratore più recente della Disney rispetto a Pezzin, aveva già pubblicato un’avventura di viaggio nel tempo (I TL 1321-B, “Zio Paperone e gli scherzi spazio-temporali”) e adesso aveva proposto a Fossati una storia in cui Topolino, tornando indietro di qualche decina di anni con una macchina appositamente inventata da un certo professor Merlin, incontrava Napoleone per scoprire come mai costui tenesse sempre il braccio in quella certa posizione. La “macchina” di Concina era pensata per un utilizzo una tantum; Fossati però aveva un estremo rispetto per quella coerenza e continuity del mondo disneyano che non sempre oggi gli sceneggiatori valorizzano; aveva, in ultima analisi, estremo rispetto per i lettori; convocò quindi Pezzin e Concina, ai quali propose di collaborare fra loro per un ciclo organico di storie di viaggi nel tempo con Topolino e Pippo.

I due sceneggiatori, che pur abitando entrambi nella zona di Venezia non si erano fino a quel momento mai conosciuti, si incontrarono per impostare il quadro generale della serie, precisandone tutti i dettagli. Recuperarono l’archeologo professor Zapotec (introdotto da Massimo De Vita nella lunga avventura I TL 1238-A “Topolino e l’enigma di Mu” e poi sporadicamente riutilizzato dallo stesso De Vita e da Alessandro Bencivenni); gli affiancarono lo scienziato professor Merlin (il cui nome fu poi in redazione trasformato in Marlin); stabilirono le “caratteristiche tecniche” della macchina (la sua collocazione nel sotterraneo segreto del Museo Archeologico di Topolinia, il lampo verde, l’atterraggio brusco e doloroso, fonte di ripetute gag, le “finestre temporali” per il rientro dei crononauti, delle quali abbiamo già parlato). “Poi – racconta Concina – ci dividemmo i vari fatti storici sui quali ideare dei soggetti, per evitare doppioni; e ci mettemmo al lavoro, ciascuno per conto proprio: tant’è vero che non ci incontrammo più per un paio di anni.”

Toccava a Pezzin l’onore di introdurre il ciclo, con “Topolino e gli enigmi del tempo”. Concina invece si dedicò al già ideato incontro con Napoleone e ad un altro con Leonardo Da Vinci (perché la “Gioconda” ha quel misterioso sorriso?). Tutte e tre le avventure furono affidate, per i disegni, a Massimo De Vita.


Non è ancor chiaro per quale motivo queste storie non siano poi state pubblicate nell’ordine previsto. Forse le sceneggiature furono trasmesse a Massimo De Vita senza precisare esplicitamente le dovute precedenze? Forse fu il disegnatore a non rispettare le indicazioni ricevute? O forse il pasticcio avvenne poi, in redazione? Fatto sta che la prima avventura del ciclo a uscire su Topolino fu I TL 1555-A “Topolino e il segreto della Gioconda”.

Il lettore che nel settembre 1985 si accostava a questa storia si trovava così inaspettatamente immerso in medias res, vedendo Pippo chiedere “Il professor Zapotec ti ha detto dove andremo, questa volta?” e leggendo le inspiegabili dichiarazioni di un baffuto quanto sconosciuto professor Marlin: “Io come al solito ho curato la parte tecnica! La macchina vi porterà all’epoca di Leonardo!”. Solo induttivamente il nostro lettore capiva che Zapotec e Marlin gestivano una macchina per viaggiare nel tempo e che Topolino e Pippo non erano alla loro prima esperienza.

Vale la pena di osservare che la “macchina” di Zapotec e Marlin va oltre le time machine “tradizionali”; ricorda il teletrasporto di Star Trek, dato che non è necessario portarsela dietro. E somiglia anche al TARDIS (Time And Relative Dimensions In Space) del Doctor Who, somiglianza ovviamente non fisica visto che il TARDIS aveva l’aspetto esteriore di una police box di Londra. Il collegamento con il teletrasporto di Star Trek è in qualche modo riconosciuto nella storia “Topolino e l’elemento casuale”, in cui l’applicazione secondaria della time machine è proprio il trasporto a distanza.

Ci saranno altri due viaggi nel tempo (I TL 1559-A e I TL 1561-AP) prima che la storia introduttiva di Pezzin venga finalmente pubblicata sul numero 1576 di Topolino (9 febbraio 1986). A testimonianza del disguido, un posticcio trafiletto iniziale ci annuncia che in questa storia apprenderemo come è nata “l’attitudine di viaggiatori nel passato” di Topolino e Pippo. Il caso ha dunque realizzato un singolare paradosso temporale nella storia editoriale della “macchina del tempo”: tanto che, nell’ultima vignetta di I TL 1576-A “Topolino e gli enigmi del tempo”, i nostri eroi, ammiccando al lettore, salutano dicendo: “A presto e anche... prima!”


Questo curioso paradosso temporale ci introduce alla seconda fondamentale caratteristica delle storie di time machine della serie e soprattutto di quelle made by Pezzin. Racconta infatti Giorgio Pezzin: “Più di tutto mi interessava far vivere a Topolino avventure storiche…Poi però mi interessavano anche i paradossi (allora come oggi leggevo fantascienza e divulgazione scientifica) e la faccenda di tornare indietro nel tempo mi ricordava il dilemma della freccia del tempo, dei buchi neri e bianchi e di tutto quello che ne consegue”.

 

I paradossi nel ciclo italiano della “macchina del tempo”

Già nei primi mesi del 1981 erano apparse su Topolino, a distanza di poche settimane una dall’altra, due storie (di paperi) in cui Concina e Pezzin si cimentavano con viaggi nel tempo.

L’avventura ideata da Concina (I TL 1321-B, “Zio Paperone e gli scherzi spazio-temporali”) era dichiaratamente giocata sul paradosso: Paperone si fa costruire da Archimede una macchina per tornare a dieci anni prima ed acquistare grandi quantità di petrolio a buon prezzo; non riesce però a trasportarlo nel presente perché nei dieci anni intercorsi “è stato probabilmente venduto a qualcun altro”. La natura del paradosso è debole, e la sua spiegazione confusionaria: “Tu hai comprato quel petrolio nel futuro – dichiara Archimede – perché il presente è il futuro del passato”. Comunque è fuor di dubbio che Concina intendesse impostare l’avventura su questo colpo di scena finale.

Viceversa, la storia di Pezzin (I TL 1327-AP, “Zio Paperone e il tuffo nel black-hole”) è una descrizione un po’ ingenua del “buco nero” come ponte tra epoche diverse; cosicché i nostri eroi, mentre la terra è immersa fino all’equatore nel black-hole, attraversando a piedi la zona d’ombra vengono tranquillamente proiettati nel futuro dove incontrano i propri pronipoti, identici a loro come gocce d’acqua. Nessun paradosso qui, nemmeno accennato, e certo lascerà più che perplesso qualsiasi fisico l’idea di un missile che, ancorato alla terra con una semplice catena, riesce a strapparla dal buco nero.

Al momento di affrontare il ciclo della macchina del tempo, tuttavia, è Pezzin che gioca subito la carta del paradosso: nella storia introduttiva (anche se, come si è detto, apparsa per quarta) Topolino è chiamato ad indagare su una misteriosa stele vichinga che in realtà ha scolpito lui stesso; ma non se ne ricorda, perché la scolpirà nel corso della storia, “dopo” ma anche “molti anni prima”... “Bel casino, in effetti!” ha commentato lo stesso Pezzin. Anche nella sua seconda storia (I TL 1561-AP, “Topolino e la guerra di Troia”) pur non essendoci (quasi) paradosso conclamato la vicenda rasenta continuamente tale aspetto: Zapotec viene nominato “gran sacerdote” perché, grazie alla copia dell’Iliade che si è portato dietro, riesce a prevedere gli avvenimenti; i nostri eroi rischiano di mandare all’aria il piano dei Greci perché avvertono i Troiani che nel cavallo di legno sono nascosti i soldati nemici; e, last but not least, la mappa del tesoro compilata da Zapotec si polverizza all’arrivo perché la carta non può sostenere l’invecchiamento di tanti anni. Più avanti (in I TL 1672-A “Topolino e il ritorno al passato”) Massimo Marconi ci farà vedere che un personaggio dell’antichità può arrivare ai giorni nostri attraverso la macchina del tempo senza invecchiare di un giorno: ma probabilmente quello sarà un modello perfezionato della macchina.

Nelle prime due storie scritte da Bruno Concina, invece, Topolino e Pippo sono semplici spettatori (certo, da un posto di osservazione particolarmente favorevole) di quanto avveniva nel passato: il paradosso non viene neppure lontanamente sfiorato.

Ci sembra interessante tentare una classificazione delle storie appartenenti alla serie italiana della macchina del tempo in base al modo in cui sfruttano a fini narrativi il quasi inevitabile paradosso collegato al viaggio nel tempo.

Diciamo che un’avventura è di livello P0 se in essa non avvengono viaggi nel tempo, oppure avvengono viaggi che non influiscono né rischiano di influire sul nostro presente. Diciamo invece che un’avventura è di livello P1 se in essa avviene almeno un viaggio nel tempo e uno degli aspetti essenziali della narrazione è il rischio effettivo che il nostro presente (come lo conoscevamo all’inizio dell’avventura) venga modificato per effetto del viaggio. Da un punto di vista strettamente logico (legato ai possibili paradossi) il livello P1 è equivalente al livello P0, ma narrativamente è appunto il rischio di creare un paradosso che lo distingue dal precedente.

Diciamo che un’avventura è di livello P2 (viaggio ad interazione debole) se il viaggio nel tempo è causa del presente come noi già lo conoscevamo, ma non specificamente per la provenienza dei crononauti dal futuro (esempio: I TL 1576-A, “Topolino e gli enigmi del tempo”, in cui Topolino e Pippo vanno nel passato per indagare su chi ha scolpito una strana stele vichinga; è Topolino stesso a scolpire la stele di granito, ma non è la sua provenienza dal futuro che specificamente lo mette in grado di farlo...).

Diciamo infine che un’avventura è di livello P3 (viaggio ad interazione forte) se il nostro presente risulta determinato dal viaggio nel passato proprio grazie alla provenienza dei crononauti dal futuro. In questo caso si crea un vero e proprio corto circuito logico: una certa situazione si crea nel passato perché suggerita dalla conoscenza di essa nel nostro presente, dove però esiste come conseguenza del passato (esempio: I TL 1933-A, “Topolino e il naufragio nel tempo”: Pippo fornisce al giovane Marlin l’equazione-chiave necessaria per la realizzazione della macchina del tempo mediante un foglio di appunti scritto da Marlin stesso e proveniente dal nostro presente; di fatto risulterà che nessuno ha mai veramente scoperto tale equazione).

Può valere la pena di distinguere in generale un quinto caso, definendo il livello di un’avventura come P4 se il viaggio avviene nel futuro, oppure nel passato ma con interazioni particolarmente complesse: ad esempio quando per i crononauti si concretizza il pericolo di incontrare se stessi (duplicazione del viaggiatore). A Topolino e Pippo l’occasione per tale incontro si presenta almeno tre volte: in I TL 1716-A “Topolino e l’incredibile avventura” (sceneggiatura di Giorgio Pezzin), in I TL 2145-1 “Topolino e la minaccia sulla città” (sceneggiatura di Alberto Savini) e in I TL 2372-5 “Topolino in… fuga da se stesso” (sceneggiatura di Marco Bosco). Nella prima storia i 4 protagonisti chiacchierano tranquillamente; nella seconda Topolino è molto più prudente: un contatto con i doppi provocherebbe un corto circuito temporale; mentre il leit-motiv della terza consiste proprio nell’evitare l’incontro. Questo aspetto narrativo riguarda comunque soltanto incidentalmente le storie di Pezzin, per la cui classificazione potremmo tranquillamente rinunciare al livello P4 (in tal caso la I TL 1716-A, sulla quale comunque torneremo più avanti, si potrebbe valutare di livello P2).

 

Le storie di Pezzin con la “macchina del tempo”

Giorgio Pezzin ha pubblicato complessivamente undici storie del ciclo della macchina del tempo. Delle prime due (I TL 1576-A e I TL 1561-AP, disegnate da Massimo De Vita e da Sergio Asteriti) si è già detto che possono essere classificate rispettivamente come P2 e P1.

In I TL 1582-B (“Topolino e gli invasori preistorici”, una delle sole due storie del ciclo disegnate da Romano Scarpa) Topolino e Pippo, inviati nella preistoria per indagare su una strana roccia (fusa in seguito all’esposizione ad una misteriosa fonte di calore), scoprono che gli alieni di Tau Ceti vogliono rendere schiavi i terrestri ma poiché questi ultimi sono troppo primitivi ne intendono accelerare l’evoluzione insegnando loro alcune conquiste base della civiltà (il fuoco, le armi, la ruota, la scrittura). I nostri eroi si fingono “tonti” e incapaci di apprendere così che gli alieni, alla fine, rinunciano ai loro propositi. Se vogliamo sottolineare il fatto che l’azione di Topolino e Pippo ha evitato la sottomissione dei terrestri agli alieni, classificheremo questa avventura come P2.

È invece semplicemente di livello P1 la I TL 1597-B (“Topolino e la battaglia di Lepanto”, matite di Luciano Gatto), nella quale Gambadilegno entra per errore nella macchina del tempo e si trova ad affrontare i poco amichevoli ambienti del 1571 rischiando di capovolgere l’esito della celebre battaglia: salvato dai nostri eroi, al rientro a Topolinia gli verrà somministrata con uno stratagemma una “pozione dimenticatrice” per impedirgli di ricordare l’esistenza della macchina del tempo.

Nel 1987 si ricostituisce la coppia che aveva realizzato “Topolino e gli enigmi del tempo”: Massimo de Vita disegna due storie di Pezzin, la I TL 1638-A e la I TL 1668-A. Nella prima di esse (“Topolino e l’Atlantide continente perduto”), presentata come “la più fantastica avventura della macchina del tempo”, Topolino e Pippo assistono in diretta alla fine di Atlantide; scoprono così che tale fine coincide col “diluvio universale”, causato dall’impatto di un meteorite col nostro pianeta. Gli abitanti di Atlantide, che riescono a salvarsi grazie alla previdente saggezza del loro re Hoppep, si diffonderanno in tutto il mondo dando vita alle civiltà maya, inca, egizia e mesopotamica. Poiché i nostri eroi intervengono attivamente per salvare il buon re Hoppep (e con lui il popolo tutto) dalle macchinazioni del perfido Umma, questa storia va classificata come P2.

Anche la I TL 1668-A “Topolino e l’intruso spazio-temporale” è un’avventura di ampio respiro magnificamente disegnata da de Vita. A causa di una botta in testa si annulla l’effetto della “pozione dimenticatrice” e Gambadilegno ricorda il proprio cronoviaggio nel 1571 (si veda la già citata I TL 1597-B); decide così di approfittarne, si documenta su testi storici e torna indietro al tempo di Attila per rubare un grande tesoro: Topolino e Pippo dovranno a loro volta viaggiare nel tempo per impedirglielo. La mappa del tesoro è ricavata dalle cronache di un frate, che ha potuto tracciarla in base alla scoperta di Gambadilegno: questo corto circuito logico (evidenziato da Topolino stesso di fronte alla confusione mentale di Pippo) classifica l’avventura al livello P3. Al termine, lo spaventatissimo Gambadilegno non si farà pregare per bere nuovamente la “pozione dimenticatrice”, dichiarando “non ne voglio più sapere di macchine del tempo e di altre… carabattole simili”. Ma non ha fatto i conti con i servizi segreti dell’Unione Sovietica…

Con I TL 1716-A (“Topolino e l’incredibile avventura”, disegnata da Giampiero Ubezio) Pezzin recupera addirittura il pirata Orango della classica avventura YM 028 (scritta3 e disegnata nel 1935 da Floyd Gottfredson). Dovendo ritrovare un lascito testamentario che consentirà di salvare il museo archeologico di Polpettown, Topolino e Pippo fanno un salto indietro nel tempo e incontrano se stessi quando avevano vent’anni: scopriranno che il documento cercato è sempre (?) stato nella soffitta di Topolino. Come abbiamo scritto sopra, questo storia strutturalmente andrebbe considerata di livello P2. Tuttavia, anche solo per la presenza del tema della duplicazione del viaggiatore, vero leit-motiv di tanta fantascienza spazio-temporale, possiamo classificarla P4. Anche se usata in maniera un po’ ingenua, come qui, la duplicazione del viaggiatore è una fonte praticamente infinita di paradossi causali: ad esempio, è fisicamente equivalente alla creazione di materia dal nulla, inoltre risulta raddoppiata anche la coscienza del viaggiatore, il che pone grossi problemi etici.

Quasi un’ironica presa in giro del ciclo stesso della “macchina del tempo”, la I TL 1749-A (“Topolino e l’equivoco temporale”, disegnata da Sergio Asteriti) presenta il problema di riportare alla sua epoca un Riccardo Cuor di Leone capitato per sbaglio ai nostri giorni attraverso la macchina di Zapotec e Marlin. Conoscendo il giorno e l’ora ma non l’anno del “prelievo”, Topolino e Pippo faranno diversi tentativi rischiando continuamente di interferire con la realtà storica, per scoprire alla fine che l’involontario cronoviaggiatore non è Riccardo ma più banalmente un attore contemporaneo. Verrà riportato al suo posto entro 14 ore dal prelevamento, e questo (grazie al “teorema di Pezzyng”) eviterà qualsiasi alterazione storica. Si tratta di un’avventura di livello P1.

Nella I TL 1844-BP (“Topolino e il garage del faraone”, ancora disegnata da Sergio Asteriti), Topolino, Pippo e Zapotec devono recarsi nell’antico Egitto per recuperare il professor Marlin. Costui vi si era recato per deporvi una stele da lui scolpita con lo scopo di salvare Zapotec da una figuraccia di fronte alla comunità scientifica: quello che era l’aspetto clou della prima storia del ciclo (la stele antica scolpita da un crononauta) è ormai soltanto il pretesto che dà il via a tutta la vicenda. Al termine della quale si scoprirà che la grande vittoria di Ramsete II sugli ittiti è dovuta a un’idea di Topolino e Pippo (cosicché l’avventura è, non per uno solo ma per molteplici aspetti, di livello P2).

Ancora più paradossale è la I TL 1889-A, “Topolino e il mistero del Nautilus” (disegni di Franco Valussi), nella quale scopriamo che Jules Verne per un periodo della propria vita aveva perso la memoria credendo di essere un suo personaggio, il capitano Nemo. Aveva anche cercato di costruire un sottomarino (allo scopo di difendere il mare dagli inquinatori) ma senza grande successo. Topolino e Pippo lo aiuteranno a ritrovare se stesso; e Pippo, appassionato lettore, gli fornirà qualche suggerimento per i prossimi romanzi (suggerimento tratto, ovviamente, dai romanzi stessi che Pippo aveva letto da piccolo): un’avventura, dunque, di livello P3.

L’ultima storia del ciclo scritta da Pezzin (siamo ormai nel 1992) prende garbatamente spunto dal classico film di Robert Zemeckis “Back to the future” (1985) anche se poi segue un percorso narrativo notevolmente diverso (e quindi in particolare non si può considerare una “parodia” disneyana del film). Stiamo parlando di I TL 1933-A, “Topolino e il naufragio nel tempo” (disegni di Sergio Asteriti). Spediti indietro di “esattamente 40 anni” allo scopo di “tarare la macchina del tempo”, Topolino e Pippo non possono tornare al nostro presente perché Marlin, colpito da un fulmine, ha dimenticato come azionare la macchina. I nostri eroi dovranno aiutare il giovane Marlin a superare un momento di crisi dovuta a delusioni di amore, e incidentalmente gli forniranno, con una pagina dei suoi appunti proveniente dal futuro, l’equazione fondamentale che consente la progettazione della macchina: come si è già detto, un esemplare paradosso di livello P3.

Come si vede, Pezzin non ha scritto avventure classificabili al livello P0 (a differenza ad esempio del suo collega Bruno Concin); egli resta di fatto, fra tutti gli sceneggiatori, quello che sembra preferire l’aspetto “paradossale” del viaggio nel tempo.


 

L’ultimo paradosso: la XII storia di Pezzin

Che ghiotta occasione, un fatto internazionale di ampia eco, per un bravo sceneggiatore che sappia costruirci attorno un’avventura del Topo (o dei paperi)! Soprattutto per gli autori italiani, che più volte ne hanno approfittato. Ad esempio, una imprevista vibrazione nel suolo lunare rilevata nel novembre 1969 dagli astronauti Conrad e Bean (missione Apollo 12) fornì a Guido Martina lo spunto per l’avventura introduttiva della saga “Storia e Gloria della Dinastia dei Paperi”. Qualcuno, come Rodolfo Cimino, sostiene che le storie nate in questo modo risultano poi “datate” e quindi perdono presto di “freschezza”; ma se la cosa può essere vera per i piccoli fatti di costume (come quelli a cui spesso si ispiravano Roberto Catalano e i fratelli Barosso), il richiamo ad avvenimenti di rilevanza storica costituisce invece comunque un particolare motivo di interesse per le avventure dei nostri eroi.

Non stupisce perciò che Giorgio Pezzin abbia pensato di coinvolgere Topolino in uno dei grandi avvenimenti della seconda metà degli anni ’80: il rinnovamento della società sovietica introdotto da Michail Gorbaciov attraverso la “Perestroika” (da lui definita, nell’omonimo libro del 1987, come “l’iniziativa di massa che coniuga il socialismo con la democrazia”). Pezzin dunque nel 1988 propone un soggetto a Massimo Marconi (da poco subentrato a Franco Fossati come coordinatore delle storie), se lo vede approvare e, subito dopo, sceneggia nei dettagli un’avventura della serie “macchina del tempo” intitolata “Topolino e la perestroika”.

La Disney acquista regolarmente la storia, ma non la pubblica. Non sappiamo se sia mai stata neppure disegnata; forse l’iter di produzione è stato interrotto dal precipitare degli eventi in Europa: quello che all’inizio sembrava soltanto un rinnovamento interno all’URSS si rivelò infatti ben presto il motore di un terremoto politico internazionale. Può anche darsi che a dare il colpo di grazia a questa storia troppo “compromessa con l’attualità” siano state le polemiche sollevate dalla casa madre attorno alla storia I TL 1785-A (“Topolino in “Ho sposato una strega””); storia di tutt’altro genere, naturalmente, in seguito alla quale però dagli Stati Uniti arrivò (nel 1990) un deciso giro di vite per limitare i voli pindarici degli sceneggiatori Disney italiani.

Peccato, perché “Topolino e la perestroika” è davvero un piccolo gioiello, che coniuga l’avventura classica di Mickey con i colpi di scena delle spy-story pur rientrando a pieno titolo nella serie delle avventure “storiche” (non “paradossali”) della “macchina del tempo”, con la relativa dose di schermaglie umoristiche e accenni satirici. Cerchiamo di raccontarne la trama per dare un’idea di che cosa abbiamo perso.

La vicenda inizia di fatto (anche se il lettore lo scoprirà soltanto dopo un po’) ad un congresso internazionale, quando il professor Zapotec, dopo essersi abbandonato un po’ troppo alle libagioni conviviali, confida ad un presunto collega russo l’esistenza della macchina del tempo; costui è in realtà una spia del KGB che riferirà la clamorosa notizia al suo perfido capo Musaciov. Questo Musaciov sta complottando contro Gorbaciov (del resto nel 1991 ci fu poi davvero un tentativo di colpo di stato in URSS), ma per non compromettere la propria posizione personale ha bisogno di recuperare certi documenti che provano la sua trascorsa complicità con Stalin; pensa dunque di costruirsi una copia della macchina del tempo per agire in un periodo storico più propizio. Ai suoi ordini, il KGB indaga; non soltanto riesce a procurarsi i progetti che permettono di costruire la macchina, ma scopre anche che Gambadilegno ha esperienza di viaggi nel tempo (cfr. I TL 1597-B, “Topolino e la battaglia di Lepanto” e I TL 1668-A, “Topolino e l’intruso spazio-temporale”); lo “contatta” e lo incarica di sottrarre i documenti compromettenti “recandosi” nel 1942, considerato il momento storico più adatto.

Gambadilegno, posto di fronte all’alternativa fra un premio di 200.000 rubli e una brutta fine, accetta l’incarico; esige però che Topolino e Pippo vengano preventivamente tolti di mezzo. Per fortuna dei nostri eroi, su questo punto il KGB fallisce; interviene però anche la CIA, che (sorpresa! o no?) li consegna direttamente a Gorbaciov. Infatti la guerra fredda è finita, e le carte si stanno rimescolando un po’ ovunque.

Gorbaciov chiede a Topolino e Pippo di contrastare il tentativo di Gambadilegno, e i nostri si fanno spedire da Zapotec e Marlin nel 1942 agli estremi sobborghi di Mosca. Catturati come spie, su ordine di Gambadilegno vengono rinchiusi per essere interrogati da un cinico torturatore; grazie alla cultura scientifica di Topolino riescono a fuggire e a nascondersi su un treno diretto verso la Siberia. Qui, in un drammatico show-down alla presenza di Stalin, riusciranno a recuperare i documenti cercati e a rientrare ai nostri giorni, lasciando il sedicente capitano Igor Gambadilegnoski nelle segrete del gulag di Briblinka: torneranno a recuperarlo, naturalmente, ma senza fretta…

Questa la sostanza della storia: ma la vicenda è ingegnosamente raccontata in un intrecciarsi di flash-back e di colpi di scena che, specie all’inizio, travolgono il lettore nella migliore tradizione delle avventure di spionaggio. E soprattutto abbondano i toni forti e le scene che oggi sarebbero certamente vietate su “Topolino”: la disperata ritirata dei contadini russi e i bombardamenti del 1942; Zapotec ubriaco che crolla sotto il tavolo (riuscite a immaginarlo?); la “sala del canto” piena di attrezzi per la tortura. Per non parlare della sequenza sul treno diretto in Siberia, quando i nostri eroi incontrano un gruppo di dissidenti imprigionati per aver preso di mira, su un giornale satirico, “le persone sbagliate”: un buon disegnatore si sarebbe certamente divertito a rappresentare Georgj Pezinsky, Maxim Markowiz, Kavazansky, De Vitieff e Koncinski.

Non siamo riusciti a saperne di più ma in maniera un poco rocambolesca abbiamo chiesto aiuto direttamente al Prof. Marlin del Museo di Topolinia. Marlin ha usato la sua prodigiosa macchina per andare solo pochi anni nel passato, a quel 1988 riportato sul sito di Pezzin, ma era necessario spostarsi anche dimensionalmente e qualcosa deve essere andato storto e della misteriosa sceneggiatura si sono salvati solo alcuni brani:

È una storia che parla della Russia del tempo di guerra, di spionaggio e della macchina del tempo. Intorno al titolo disegnare dei tondi all’interno dei quali si vedono primi piani dei personaggi principali: su un tondo Topolino e Pippo; su un altro Marlin e Zapotec; su un altro Gambadilegno e altri soldati con la divisa dell'armata Rossa. Sullo sfondo, mescolati, si vedono la macchina del tempo e carri armati impegnati in una battaglia sul fronte russo.

Didascalia: Tenetevi forte, ragazzi, perché stavolta la Macchina del tempo sta per portare i nostri eroi in un’avventura davvero insolita e imprevedibile...

Didascalia: ...che comincia nel PASSATO, nella lontana terra di Russia nell’ottobre del 1942.

È il crepuscolo. Siamo in Russia lungo una delle strade che portano a Mosca. Il paesaggio è pieno di neve e lungo la strada si vede una colonna di profughi che fugge su ogni mezzo. In primo piano, in particolare, si scorge uno scassatissimo camioncino, pieno di ogni genere di masserizie che avanza lentamente sobbalzando. Il camioncino viaggia con i fari accesi.

Nell'abitacolo strapieno una donna russa stringe al petto un bambino avvolto nelle coperte, rivolgendosi preoccupata al marito, tipico contadino russo, che è alla guida.

[...]

E' notte. Veduta di un grosso aereo dell'aeroflot che atterra all'aeroporto di Mosca.

Lungo il nastro che trasporta i bagagli si vede avanzare traballante un grosso baule, pieno di etichette e timbri, sotto lo sguardo di due guardie con la stella rossa. A lato si vede un cartello che annuncia il luogo di arrivo.

Due grossi e grigi funzionari afferrano il baule, trasportandolo verso una grossa auto nera che aspetta all'uscita.

L'auto percorre le vie di Mosca dirigendosi verso l'imponente mole del Cremlino, visibile sullo sfondo. Le luci della sera danno una nota sinistra e misteriosa al tutto.

[...]

Topolino entra nello studio e si ferma alle spalle di una grossa poltrona sulla quale è seduto Gorbaciov.

Topolino: Gulp! Voi siete...

Gorbaciov: Ssst! Niente nomi, prego! Le mura hanno orecchie, mister Topolino! Grazie per essere venuto!

Topolino: Veramente, non ho potuto fare a meno...

Gorbaciov: Lo so! Purtroppo era l'unico modo per sottrarvi alle grinfie dei nemici della PERESTROIKA! Ho dovuto contare sull'aiuto della CIA per salvarvi!

[...]

Zapotec: Va bene! Quali sono le COORDINATE TEMPORALI?

Topolino: Il villaggio di BIRIPALATOSC, il 7 ottobre 1942!

Zapotec: Ulp! Ma è in piena GUERRA MONDIALE, all'epoca di STALIN!

[...]

Panoramica esterna di una tetra e massiccia costruzione, alle spalle del Cremlino, con numerose finestre munite di sbarre. È la terribile prigione di Berja, il capo della polizia segreta stalinista. La neve è ormai abbondante e copre ogni cosa.

Da una delle finestre del seminterrato giungono voci.

Voce dalla finestra: ...Il reparto SPIE e TRADITORI è al piano inferiore! Accomuodatevi!

[...]

Stalin ora è visto di fronte, piantato a gambe larghe sul vano della porta. Il dittatore continua verso i tre malcapitati, con occhi di fuoco.

Topolino: GIUSEPPE STALIN, il dittatore di tutte le russie!

Stalin: Chi detto dittatuore? Tu essere provocatore CAPITALISTA!

[...]

Stalin: BASTA! Io grande statista e giudice non commietterò mai ERRORE GIUDIZIARIO condannando UNO invece dell'ALTRO!

Gambadilegno e Topolino: Ah, no?

Stalin: Io condannare TUTTI E TRIE a massima pena prevista per DISSIDENTI e REVISIONISTI!

[...]

Il segretario si china appuntando una medaglia al petto di Topolino e Pippo.

Segretario: Medaglia di EROI DELL'UNIONE SOVIETICA! Come salvatori della PERESTROIKA ve la siete meritata!

.

Per maggiori informazioni vedi D. Ambrosini, M. Barlotti, “Trottole, carriole e macchine meravigliose – I viaggi nel tempo disneyani”, Annuario del Fumetto 7, 2002.

Per tutte le storie Disney diamo il codice Inducks, col quale su Internet all’URL http://coa.inducks.org sarà possibile reperire ogni genere di informazioni, fra cui tutte le ristampe italiane della storia considerata.

 

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